Non conoscevo, e non conosco ancora bene la pittura di Leonardo Galliano per poter esprimere una idea critica comparabile con il suo lavoro. Anni fa acquistai una sua opera, in cui il rigore delle partiture geometriche, la materia in qualche modo sfogliata per mostrarne la sostanza, mi faceva pensare ai Cellotex di Burri: riportare la pittura alla sua forma originaria, che è la materia stessa su cui si crea. In realtà, questa era una sola parte del lavoro di Galliano, poi, soltanto più tardi, ne ho apprezzato la complessità: così come in quelle partiture geometriche di una pittura ‘denudata’ apparivano dei segni, delle tracce di memorie, quei segni erano in realtà, e sempre più lo sono divenute, l’essenza del suo linguaggio. Novelli, artista straordinario, scriveva: “Dipingere è esprimere per segni ciò che non si può, o non si sa, esprimere con le azioni”, quindi un impulso quasi incontrollato, primario, per poi arrivare via via ad una organizzazione complessa, dei segni, dei colori, di un ordine simbolico, puramente pittorico. Il segno rimane comunque, nelle opere di Leonardo Galliano l’elemento essenziale per comprenderne l’insieme. Quindi, non meraviglia che fin dai suoi esordi abbia cercato nel segno (allora figurativo) la propria espressione poetica, e nel caso della grafica è certamente facilitato dalla istintiva capacità di intervenire sulla lastra con la stessa accurata incisività con cui opera sulla carta o sulla tela. Mentre nell’affermazione di Novelli c’era anche un messaggio politico, in Leonardo vi è piuttosto una ricerca lirica, un modo di liberare con i segni, con una pittura apparentemente di getto, ma in realtà elaborata, pensata, forse anche offerta, la evidente introversione della sua personalità. I colori in questa incisione appaiono più sobri che nella pittura, proprio per evidenziare i diversi interventi tecnici: un nero che sfuma in effetti di luce, bianchi che non sono bianchi puri, rossi frammenti che irrompono nei grigi, forme che attraverso il colore assumono un particolare volume. Anche qui, come nella sua pittura, vi è una sorta di sensibilità tonale (Bruno Aller) nelle stesure di fondo, nella sobrietà, nell’equilibrio e nell’effetto plastico, e le geometrie definiscono una spazialità libera da ogni canone precostituito.
Claudia Terenzi